- On 28 Novembre 2017
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- Tags: chiesa di Santa Croce, Donatello, Firenze
Firenze com’era: la facciata della Chiesa di Santa Croce e il San Ludovico di Donatello
In questa bella foto, risalente alla metà dell’Ottocento, vediamo la facciata della chiesa di Santa Croce così come si presentava all’epoca, ancora priva delle geometrie in marmo e pietre dure della nuova facciata, realizzata da Niccolò Matas intorno al 1865. Se guardiamo con attenzione scorgiamo, al centro dell’arcata che inquadra il portale maggiore, una nicchia dalla quale emergono le forme di una statua: si tratta del San Ludovico di Tolosa opera di Donatello (1420-1423 ca.), santo francescano protettore della Parte Guelfa: la statua, in bronzo dorato, era stata realizzata per il Tabernacolo della Parte Guelfa, posto sul fronte est della chiesa di Orsanmichele (tabernacolo realizzato dallo stesso Donatello).
Qui rimase fino al 1459 ca. quando, in seguito al passaggio del tabernacolo dalla Parte Guelfa al Tribunale di Mercanzia, la statua venne rimossa e il suo posto occupato dall'”Incredulità di San Tommaso” di Andrea Verrocchio (1483). Il San Ludovico fu quindi trasferito a Santa Croce e collocato sulla facciata della chiesa, come attestato anche da questa foto. Qui rimase fino alla realizzazione della nuova facciata ad opera di Niccolò Matas (1860-1865 ca.): il San Ludovico verrà quindi trasferito in chiesa, nella controfacciata e successivamente (1903) nel Refettorio dove ancora oggi questo straordinario capolavoro è esposto.
L’opera, stando ai documenti, era costata l’iperbolica cifra di 3000 fiorini e questo nonostante la tecnica usata da Donatello che – di fatto – permise di economizzare sull’impiego del costosissimo bronzo: la scultura è infatti il risultato dell’assemblaggio di parti fuse e sbalzate separatamente. Alle lamine in cui è sbalzato il potente, naturalistico panneggio vengono infatti unite, saldandole, le parti emergenti del corpo, la mitria e il pastorale: se osserviamo con attenzione noteremo, ad esempio, come la mano destra benedicente del giovane Ludovico altro non sia se non un bellissimo guanto, del tutto priva del proprio avambraccio.
La visione laterale dell’opera, ripresa durante l’ultimo restauro, chiarisce bene la vera natura di questo capolavoro, “manichino immaginario” sul quale Donatello ha “cucito” un mirabile abito di bronzo.
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